Tuttavia delle compagna passate per Roma e altri giudiziari, con monache vi furono poche che si comportarono coerentemente come atee; altre, il più, come credenti, nella illusione di essere trattate meglio, e di avvalorare loro difese negative; [altre] come indifferenti, ma disposte a andare a funzioni per ottenere piccoli favori, vedere compagne, ecc.
La questione cioè, non fu vista come questione di principio e coerenza, ma di maggiore o minore avversione personale per chiese, monache, presti, ecc. Lo stesso avvenne nelle case penali dove mancò necessaria uniformità di condotta. Si fece su questo problema molta confusione.
Così a Trani, giunse come prima politica Giorgina [Rossetti].
Aveva poco più di vent’anni: operaia di nessuna cultura politica, ma di grandissima fede, e che dopo arrestata aveva dato prova di ammirevole fedeltà al P. e all’organizzazione scontata con 18 anni.
Uguale fede e entusiasmo trovai in lei quando la conobbi, e cioè dopo che aveva passato 4 anni al carcere, nel più completo isolamento, in laboratorio con comuni.
Dei nostri principi, come dissi, poco o nulla sapeva. Alla questione religiosa non aveva mai pensato. In carcere qui, come già a Roma, fece “come tutte le altre donne” temendo maltrattamenti da parte monache, qualora avesse detto che non era credente: senza neppure immaginare di far cosa incompatibile con la sua qualità di comunista, pregò, si comunicò; Felicita [Ferrero] a Torino si convertì e comunicò; a Roma non precisò sua posizione andando però in Chiesa per ottenere piccola favori di cui ho detto.
In modo analogo si comportò [Giuseppina] Zolia. Poi qui entrambe si dichiararono atee e come atee per qualche tempo si comportarono. […]
Ebbi la fortuna di trovarmi subito con Giorgina e Felicita, perché fui messa nella loro stanza. Spiegai loro questione. Feci e faccio, specialmente a Giorgina e Felicita che ne è digiuna, scuola di P. e le aiuto nei loro studi e nella lettura. Sono ora consapevoli loro errore che temono giudizio partito.
Anna Pavignano giunta qui da Perugia quasi contemporaneamente a me, ma di cui ebbi notizie solo più tardi, perché essendo arrivata come ammalata sui subito ricoverata in infermeria, si è sempre comportata coerentemente come atea.
È inferocitissima con le compagne che hanno sbagliato ritenendo, credo a torto, che causino persecuzioni alle altre.
A Perugia: Zavia di Firenze fu come Giorgina, Latore, Anna [Pavignano], Michela [Anna Bessone], la povera Iside e Anita [Pusterla] si comportarono per oltre un anno giustamente come fecero già qui Felicita e Zolia. Poi, una domenica nell’ora di presenza obbligata in chiesa, il prete disse non so che cosa contro il bolscevismo.
Le compagne, meno Anita che era in un altro reparto, e non partecipò a manifestazione, uscirono dalla chiesa, dichiarando che non vi avrebbero più messo piede.
Furono messe per punizione a quella segregazione assoluta che poche donne sono in condizione di sopportare e minacciate di altre sanzioni.
Dopo un certo periodo di quella situazione, la povera Iside, che era già assai debole e malandata si ritenne di non essere in grado di sopportare oltre, e forse non ne vide la necessità e desistette dal rifiutarsi di obbedire all’obbligo fattole per la domenica. Le altre resistettero, e si arrabbiarono con lei.
Ne derivò che Iside e Anita, in disaccordo con le compagne, che condannavano il loro abbandono alla lotta, circuite dalle monache, indebolite dal loro pessimo stato di salute finirono col cadere del tutto sotto l’influenza di quel piccolo ambiente, e finsero anche loro la conversione nella speranza di avere un po’ di pace. Così ebbero fine i loro rapporti con le altre compagna. O meglio questi rapporti divennero tali, che ad illustrarli basterà questo particolare. Quando qui Anna ebbe da una monaca la notizia della morte di Iside, commentò con tali esaltative oscure allusioni a “tradimento” che quella monaca venne a domandarmi se Iside era stata spia.

(Testimonianza tratta da un rapporto di Camilla Ravera del 1932 scritto all’interno del carcere di Trani e pubblicato in Laura Mariani, Quelle dell’idea. Storie di detenute politiche 1927-1948, Bari, 1982, pp. 39-42)


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